Come sta la Buona Scuola? Analisi disincantata e modeste proposte
di Luciano Lelli
La Buona Scuola oltre la “Buona Scuola”
Con la locuzione Buona Scuola non mi riferisco in questo passaggio (lo farò a seguire) al contingente significato politico della stessa, riferito alle intenzioni e alle disposizioni normative del governo presieduto da Matteo Renzi, bensì all’estensione semantica complessiva, generale e per svariati aspetti atemporale dell’espressione, animato così dal proposito di sottrarmi ad ogni tentazione di propaganda e di mistificazione che quasi inevitabilmente è sottesa alle maniere di comunicare dei politici.
Ciò doverosamente premesso, specifico subito che per la scuola il periodo corrente è di natura prevalentemente grigia. Si può dire, infatti, che per i governanti attualmente in carica la scuola non rientri nel novero degli interessi principali. Evidenzia con crudezza ciò anche la circostanza che, nel cosiddetto contratto di governo, alla scuola siano riservate poche ed evasive battute (cambio di rotta nei riguardi della “Buona Scuola”, ovviamente come configurata in termini politici, amministrativi e in senso lato culturali dal governo precedente; revisione del sistema di reclutamento dei docenti; superamento, cioè abolizione, della cosiddetta “chiamata diretta”; modifica dell’alternanza scuola-lavoro, considerata provvedimento addirittura dannoso).