VIGILANZA ALUNNI: La questione dell'uscita autonoma da scuola

a cura di Avvocato Gianluca Dradi- dirigente scolastico

Una recente ordinanza della Suprema Corte (Cass. civ.  21593 del 19.09.2017) e le successive dichiarazioni della Ministra Fedeli, sulla necessità di rispettare le norme legislative che impediscono l’uscita autonoma da scuola degli studenti minori degli anni 14, ha acceso un  concitato dibattito che vede il mondo delle famiglie reclamare il diritto di fare uscire in autonomia gli studenti minorenni al termine delle lezioni e, sull’altro versante, il mondo degli operatori scolastici preoccupato delle responsabilità connesse a tale pratica.

Contestualmente è stata depositata alla Camera dei Deputati una proposta di legge per consentire l’uscita autonoma da scuola e verosimilmente altre ne seguiranno.Si cercherà allora di fare chiarezza sugli aspetti giuridici relativi all’obbligo di vigilanza, alla sua estensione temporale, al tema delle connesse responsabilità civili e penali, tentando anche di prefigurare una “via d’uscita” in attesa delle annunciate riforme normative.

 

L’obbligo di vigilanza e la sua estensione

E’ ormai consolidato e noto l’orientamento interpretativo in virtù del quale l’iscrizione a scuola fonda un vincolo giuridico negoziale tra la famiglia dell’allievo e la scuola in virtù del quale quest’ultima assume, oltre all’obbligo di istruire, anche quello di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica degli allievi. In virtù di tale obbligo, come chiarito dalla Cass. SU con la sent. 9346/2002, nel caso di danno arrecato dall’allievo a se stesso, la scuola risponde a titolo di responsabilità contrattuale (che implica l’onere della scuola di dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno); nel caso, invece, di lesioni che gli alunni provocano ad altri studenti, gli insegnati ne rispondono ai sensi degli artt. 2047 e 2048 Cod. civ., salvo non provino di “non aver potuto impedire il fatto”.

Resta, invece, più controverso il tema dell’intensità e dell’estensione temporale dell’obbligo di vigilanza.

Quanto all’intensità, vale il principio di una sua variabilità in relazione all’età ed al grado di maturazione raggiunto dall’allievo (Cass. sent. 9337/2016), il che significa che man mano che lo studente si approssima alla maggiore età, si attenua il grado di sorveglianza richiedibile agli operatori della scuola (docenti e bidelli).  Come è facile intuire, il principio fissato dalla giurisprudenza non consente di stabilire con assoluta certezza cosa si deve fare per esercitare una vigilanza appropriata al caso concreto. Nondimeno, è intuitivo che un conto è sorvegliare il comportamento di bambini frequentanti una scuola dell’infanzia o primaria, che vanno seguiti con particolare cura e assiduità, altra cosa è farlo nei confronti di studenti delle superiori, che dovrebbero aver ormai raggiunto un discreto livello di autonomia e di responsabilità personale: ad esempio Cass. 369/1980 ha ritenuto insussistente l’obbligo di vigilare su ragazzi quattordicenni durante il tragitto da un locale all’altro della scuola, trattandosi di tragitto ben noto e privo di pericoli diversi da quelli percepibili da ragazzi di quell’età normalmente sviluppati.

Quanto alla durata dell’obbligo di vigilanza, dalle disposizioni contrattuali si ricava che gli insegnanti devono accogliere e vigilare gli alunni a partire da 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e sino all’uscita da scuola (art. 29 CCNL Scuola), mentre i bidelli hanno l’obbligo di sorveglianza “nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione” (tabella A CCNL).  Al di fuori di questa estensione temporale, l’obbligo cessa, come ben chiarito dalla seguente pronuncia della Suprema Corte:

è utile chiarire cosa s'intenda per ambito e per orario scolastico, in modo tale da potere estendere o meno l’obbligo dell'Istituto di vigilare sulla sicurezza e sulla incolumità dello scolaro fin dalla fase di ingresso nell'edificio; fin dal momento cioè in cui l'allievo si trovi sulle scale esterne di accesso allo stabile, ovvero in area immediatamente a questo prospiciente.

Ora, in verità, un tale ampliamento dei concetti richiamati, vorrebbe significare anticipare l'operatività del vincolo negoziale, e del connesso regime di responsabilità, ad un arco spaziale e temporale dai contorni indefiniti, nel quale, il personale della scuola non è in grado di esercitare seriamente le sue proprie funzioni. In realtà, infatti, gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell'Istituto scattano solo quando l'allievo si trovi all'interno della struttura” (Cass. 3081/2015), con ciò escludendo la responsabilità dell’istituto scolastico con riguardo all’infortunio subito da un minore dopo l’uscita da scuola, allorché, mentre era seduto sul parapetto della scala dell’edificio scolastico, cadeva all’indietro in seguito alla spinta di un compagno.

Questi principi non risultano minimamente scalfiti dalla recente pronuncia della Cassazione, citata in apertura, che ha dato il via a dichiarazioni allarmistiche, posto che l’affermata responsabilità dell’istituto scolastico conseguente  alla morte di alunno undicenne investito da un autobus poco distante dall’uscita da scuola, deriva dal fatto che quella scuola si era assunta, con il proprio regolamento di istituto, l’obbligo – in concreto non mantenuto- di assistere gli alunni nella fase di salita e discesa dai mezzi di trasporto scolastico.

Proprio in virtù di quel vincolo negoziale, che ha esteso il tempo della vigilanza oltre l’orario scolastico, è quindi sorta l’obbligazione di sorvegliare gli alunni anche una volta usciti da scuola.

Chiarito l’aspetto dell’estensione temporale, si affronta ora la questione, parzialmente diversa, relativa alla possibilità di far uscire da scuola gli alunni minorenni senza sincerarsi che vi siano altri soggetti autorizzati a prenderli in custodia.

 

L’uscita autonoma da scuola e la posizione di garanzia

Nelle dichiarazioni della Ministra Fedeli si è fatto cenno all’età di 14 anni come discrimine tra la possibilità, o meno, di uscire da scuola in autonomia.

Questa soglia di età si ricava dall’art. 591 del Codice penale, relativo all’abbandono dei minori.

Orbene,l’interpretazione giurisprudenziale della norma è piuttosto rigorosa, posto che l’elemento materiale del reato, ossia l’abbandono, è individuato in qualunque azione contrastante con il dovere di cura o custodia e lo stesso sussiste anche in caso di temporaneità del fatto.

Nonostante qualche pronuncia in senso contrario, la tesi prevalente ritiene tuttavia che per integrare l’elemento materiale del reato sia necessaria la sussistenza di una situazione di pericolo, perlomeno potenziale, per l’incolumità del soggetto.

Ed il reato doloso richiede la coscienza e volontà di  abbandonare il soggetto passivo, incapace di provvedere alla proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua incolumità fisica, di cui si abbia l’esatta percezione (Cass. pen. 35214/2015).

L’applicabilità di tale fattispecie al caso dell’uscita autonoma da scuola varia a seconda dei casi: appare abbastanza certo che possa trovare applicazione agli alunni delle scuole primarie, posto che il loro grado di maturazione è generalmente insufficiente, mentre è molto più controverso per quelli delle scuole secondarie di primo grado, dovendosi fare un accertamento caso per caso, in relazione allo stato dei luoghi (ad esempio strada trafficata o meno) ed al grado di maturità del ragazzo.

Al di là dell’ipotesi dell’abbandono dei minori, reato che nella maggior parte dei casi non sussisterà per l’assenza dell’elemento psicologico (dolo), resta invece il rischio che, nel caso di lesioni o di morte di un alunno, il personale scolastico possa essere chiamato a rispondere dei reati colposi previsti dagli artt. 589-590 Cod. pen., ove si ritenga che la posizione di garanzia (con finalità di protezione) non si esaurisca con la fine delle lezioni, ma solo con il cessare delle esigenze di tutela conseguenti al passaggio del minore sotto altra sfera di protezione.

Secondo diverse sentenze (ad esempio Cass. 3074/1999; Trib. BO 4.05.2004), infatti, l’istituto scolastico ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi “per tutto il tempo per cui gli sono affidati e quindi fino al momento del subentro, almeno potenziale, della vigilanza dei genitori”.

Con quest’ultima sibillina espressione (subentro almeno potenziale), giungiamo alla conclusione del ragionamento, proponendo un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, in relazione alla possibilità di consentire l’uscita da scuola anche in assenza di genitori che subentrino concretamente nell’obbligo di custodia e vigilanza.

 

Il ruolo educativo della famiglia

In primo luogo è opportuno rammentare che l’art. 30 della Costituzione assegna innanzitutto ai genitori il diritto-dovere di istruire ed educare i figli.

Coerentemente l’art. 1 della L. 53/2003, nell’indicare le finalità generali da perseguire nella definizione delle norme generali sull’istruzione, precisa che il Governo è delegato ad adottare dette norme “nel rispetto… delle scelte educative della famiglia”.

Anche le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola del primo ciclo, adottate nel settembre 2012, affermano che “l’azione della scuola si esplica attraverso la collaborazione con la famiglia, nel reciproco rispetto dei diversi ruoli ed ambiti educativi”.

Pare difficile negare che la scelta di lasciare che i propri figli si rechino a scuola in autonomia, come in autonomia facciano ritorno a casa, debba considerarsi una scelta educativa che compete alle famiglie e che la scuola, in linea di principio, dovrebbe limitarsi a rispettare.

La modalità più corretta attraverso la quale evidenziare la scelta della famiglia di promuovere l’autonomia dei ragazzi nell’effettuazione del percorso casa-scuola, è prevedere nel Patto di Corresponsabilità (previsto dall’art. 5bis del DPR 235/2007) la condivisione tra genitori e scuola di questo obiettivo educativo: le famiglie si assumeranno l’obbligo di insegnare ai loro figli il percorso più sicuro per effettuare il tragitto, si impegneranno a dare chiare istruzioni volte al rispetto delle regole fondamentali della circolazione e forniranno l’assicurazione di aver già sperimentato la capacità dei loro ragazzi a muoversi con autonomia nel traffico cittadino; chiedendo alla scuola di rispettare questo percorso educativo. L’istituzione scolastica, dal canto suo, potrà impegnarsi ad attivare tempestivamente dei corsi di formazione sull’educazione stradale e, ove le circostanze relative ai luoghi lo suggeriscano, a richiedere l’assistenza della Polizia Municipale durante gli orari di entrata e uscita da scuola.

Con tale modalità, che appare certamente congrua per gli studenti della scuola secondaria di primo grado, salvo ovviamente diversa valutazione del caso concreto (ad esempio in presenza di un minore “problematico” e chiaramente immaturo o della collocazione della scuola in un luogo particolarmente pericoloso), si può ritenere che con l’uscita da scuola cessi l’obbligo di vigilanza del personale scolastico, poiché subentra – quanto meno potenzialmente – quello della famiglie, le cui scelte educative appaiono appropriate.

Se questa interpretazione può soddisfare le esigenze di autoresponsabilizzazione dei minorenni che frequentano la scuola secondaria di primo grado, anche senza la necessità di una riforma legislativa, non altrettanto può dirsi per gli alunni della scuola primaria, per i quali gli operatori scolastici non possono ritenere sufficiente la sola scelta educativa della famiglia, posto che la stessa, per poter dar luogo, secondo un parametro di adeguata diligenza, ad una valutazione di assenza di pericoli per l’incolumità, deve fondarsi su elementi oggettivi che consentano una valutazione sulla maturità degli alunni e sullo stato dei luoghi quindi,  che dovranno essere apprezzati caso per caso.

 

Le norme coinvolte

Codice civile

Art. 2047

In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

….

Art. 2048

1.Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all'affiliante.

2. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

3. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

 

Codice penale

Art. 591

1. Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

3. La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.

 

Testo Unico in materia di Istruzione

Art. 10, comma 3, D.Lgs. 297/1994

Il Consiglio di Istituto … ha potere deliberante … sulle seguenti materie:

a) adozione del regolamento interno del circolo o dell’istituto che deve fra l’altro stabilire le modalità … per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l’uscita dalla medesima …

 

 

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