Prove Invalsi requisito per l’ammissione all’Esame di Stato
La prova Invalsi è stata fatta slittare dal contesto dell’esame conclusivo del I ciclo ad aprile, conservando l’obbligatorietà ma arricchendosi di un aspetto sanzionatorio: lo svolgimento delle prove è requisito per l’ammissione all’esame. Eppure, sulla stessa guida illustrativa dell’Invalsi è chiaramente scritto che “Ovviamente le prove non misurano tutto. Non servono quindi a valutare né lo studente, né l’insegnante, e sono solo uno dei tanti elementi dell’autovalutazione d’istituto”.
Soffermandoci sul riconoscimento dato all’Invalsi di riportare, sul documento di certificazione delle competenze dello studente l’esito della prova di Inglese, tesa a verificare l’acquisizione delle “abilità di comprensione ed uso della lingua”, cogliamo una contraddizione con quanto lo stesso Invalsi afferma nella sua Guida: “La certificazione individuale delle competenze è un riconoscimento dei risultati delle prove”, che “non sostituisce la valutazione dei docenti” e che “non è una seconda pagella”. Intanto, però, l’esito di una sola prova presume di misurare le competenze e viene trascritta su un documento ufficiale. Possiamo, quantomeno, parlare di confusione ideologica e incoerenza istituzionale?
Ingenuamente, pur con qualche forzatura ideologica, eravamo rimasti al fatto che l’Invalsi fosse nato per fotografare la qualità dell’istruzione come espressa sul territorio nazionale, per rilevare le difformità e mettere a disposizione indirizzi ed orientamenti al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di promuovere misure pedagogiche e didattiche appropriate. Evidentemente non è più così.
Si può affermare che l’obbligatorietà delle prove, così come è proposta, ponga i docenti in subordine all’Invalsi proprio sulla valutazione, sollevandoli da una loro precisa funzione?