Gli esami di maturità: un rito di passaggio

di Gian Carlo Sacchi

Il biglietto da visita di ogni nuovo governo sembra essere la riforma degli esami di maturità. Se ne sono succedute, infatti, diverse versioni, che volevano mettere il timbro sull’indirizzo politico relativo alla scuola e dai suoi obiettivi.

Le modifiche tuttavia hanno riguardato due principali impostazioni, una più formativa, riferita cioè alle persone e l’altra più funzionale indirizzata soprattutto alla prosecuzione degli studi ed al mondo del lavoro. La prima aveva previsto una commissione esaminatrice interna, impegnata ad elaborare un bilancio finale, che saggiasse appunto la “maturità”, in linea con gli esami il ciclo precedente, e che superasse l’eredità gentiliana centrata sull’accertamento di conoscenze disciplinari. Nella seconda le prove cercavano di collegare i risultati del percorso didattico con il mondo esterno, in particolare con i settori produttivi, mediante attività pluridisciplinari e progettuali, coinvolgendo questi stessi nel momento valutativo, per poter collegare in modo sempre più stretto la domanda di occupazione con l’offerta di competenze. I rapporti con l’istruzione superiore doveva avvenire accreditando i risultati del ciclo secondario nelle prove di ingresso all’università o prevedendo iniziative di collaborazione tra i due livelli.

 

   Leggi nella rivista n° 1 2018/2019 pag 17 ...    

 

 

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