Riappropriarsi di una spazialità emotiva perduta

di Vincenzo Palermo 

“Sì, professore, gli uccelli attirano la mia attenzione perché sono contenti, sembra che ridano sempre”. Le parole di un mio alunno, incantato dalle piroette in cielo di due spericolati merli, hanno riportato il mio pensiero alla piacevole “diversione” leopardiana dell’operetta più misteriosa di tutte, quella di Amelio, un filosofo solitario che vorrebbe tramutarsi in volatile per esser lieto e felice. Fin dalle prime analisi stilistico-comparative al liceo, mi ha colpito dell’operetta in questione il parallelismo a distanza con l’Islandese “disperato dei piaceri” e finito sepolto in un “superbissimo mausoleo di sabbia”. Quest’immagine, sedimentatasi nel mio pensiero nel corso degli anni, ha assunto una molteplicità di significati: l’incombenza di una sciagura cataclismica, la prefigurazione di un mondo distopico e post-apocalittico, la quiete del guerriero che soccombe per sempre contro una forza più grande di lui, l’ineluttabilità della Natura, forza cieca e onnipotente; essa ha contribuito dunque allo spalancarsi di mondi cinematici e musicali, artistici e ucronici.

 

  Leggi nella rivista n° 6 2020/2021 pag 45 ...

 

 

Questo sito web utilizza i cookie per essere sicuri di ottenere la migliore esperienza di navigazione sul nostro sito.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo