Spazio e tempo nella didattica, un’esperienza da fuoriserie
di Feldia Loperfido e Giuseppe Ritella
“Cominciamo dal Cronotopo”
“Come, scusa?”
“Il Cronotopo!”
“Cronocosa?”
“Cronotopo”
“Capisco solo topo!”
“Ho detto cronotopo!!! Uff, ci riprovo: seriale”
“Seriale?”
“Sì, seriale!”
“Ma si può capire di che si parla in questo numero?”
Ecco, sì. Proviamo a capire di cosa si parla in questo articolo. Non scomoderemo ratti o serial killer, topi o produzioni TV seriali. Come sempre, parleremo di educazione, di didattica. In particolare, approcceremo la trattazione dello spazio-tempo nell’esperienza scolastica. Vi sembra un tema troppo filosofico? Può sembrare un argomento astratto da cui fuggire? Ha l’aria di una questione troppo impegnativa dopo un anno altrettanto faticoso? Nulla di tutto ciò (almeno speriamo). D’altro canto, di cosa è fatta la nostra vita se non di spazi e tempi che si incrociano tra di loro? C’è lo spazio-tempo della cena sul divano che passa in un attimo (soprattutto se ci si addormenta), della riunione infinita a lavoro (a meno che non ci si addormenti), della lezione da preparare in un flow che vorremmo non terminasse mai (durante la quale non si dorme mai). Ci sono i cronotopi. Ok, d’accordo, confessiamo. Il concetto è filosofico e quanto meno apparentemente un po’ astratto. Ma, d’altro canto, cosa c’è di male nel filosofeggiare un po’, soprattutto se questo ci aiuta a comprendere meglio la nostra vita di tutti i giorni?